“Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie” (cfr Mt 19, 3-12).
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In un mondo dove le cose rotte si buttano,
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non si aggiustano. In un mondo dove decidono le emozioni e non le libertà.
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In un mondo dove i piatti di plastica
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sono più comodi di quelli di porcellana
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perché possono essere buttati senza fare la fatica di lavarli.
In questo mondo la parola del questo Vangelo suona come fuori luogo:
“Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. (…) Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». ”
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Non nascondo che a volte la nostra vita è imprevedibile e non sappiamo mai che fine fanno i nostri sogni, ma almeno desiderare di amare qualcuno per sempre dovrebbe essere l’alfabeto base di ogni cristiano;
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al di là di quello che poi ci capita e magari ci costringe a rotte diverse da quelle che avevamo immaginato anche contro la nostra volontà.
Ma partire fin dall’inizio con l’idea che il “per sempre” sia qualcosa di non vivibile, significa accontentarsi di un amore che non ci unisce ma al massimo ci usa, con le inevitabili conseguenze.
In fin dei conti l’adulterio, prima di essere un tradimento dell’altro, è innanzitutto il mio fallimento come uomo o come donna.
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E per quanto a volte “ci si vanti di ciò per cui ci si dovrebbe vergognarsi”, certi modi di vivere vanno bene per le chiacchiere tra gli amici al Bar,
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ma non a rendere felici le persone. (commento al Vangelo di don Luigi Maria Epicoco)
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